L’angolo della salute Endometriosi: tanto gentile e tanto onesta pare

L’endometriosi è una malattia tanto diffusa quanto sconosciuta.

In Italia, infatti, 1 donna su 10 ne soffre. Ma di cosa parliamo esattamente?

L’endometriosi è una malattia cronica progressiva determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dalla cavità uterina.

 

L’endometrio è una mucosa che normalmente riveste esclusivamente le pareti dell’utero e quando ciò non accade si sfocia in un’anomalia che determina nel corpo infiammazione cronica che si manifesta tramite forti dolori e sofferenze intestinali.

 

Di endometriosi non si muore, è vero, eppure per le donne che ne soffrono si tratta di un disagio vero e proprio, poiché si trovano a dover convivere con un dolore fisico più o meno severo e con le diverse ripercussioni psicologiche che ne conseguono.

 

Durante il ciclo mestruale questo tessuto endometriale inappropriato (che prende il nome di ectopico) subisce le stesse modificazioni dell’endometrio uterino, questo a opera degli estrogeni prodotti dall’ovaio.

 

L’endometriosi può essere di due tipi a seconda della zona interessata: distinguiamo infatti l’endometriosi interna e l’endometriosi esterna.

Si chiama interna (detta anche adenomiosi) quando l’endometrio ectopico è localizzato nello spessore del miometrio, tessuto presente tra l’endometrio (parte interna dell’utero) e il perimetrio, (parte esterna dell’organo).

Per quanto riguarda quella esterna invece, si verifica quando l’endometrio ectopico ha sede sulle zone esterne all’utero: ovaie, intestino retto, vagina, tube di Falloppio. E al di fuori della pelvi in zone quali appendice, reni e/o polmoni.

Si classifica inoltre in quattro stadi: I e II stadio sono considerate una endometriosi non severa e includono le lesioni sottili e le tipiche che sono lesioni di piccole dimensioni. III e IV sono considerate endometriosi severe ed includono le cisti ovariche endometriosiche associate con aderenze e localizzazioni profonde.

 

Le cause di questa malattia sono pressoché sconosciute e poco chiare; ci sono diverse teorie: la teoria della mestruazione retrograda secondo la quale gruppi di cellule endometriali refluirebbero attraverso le tube di Falloppio fino alla cavità addomino-pelvica dove si impianterebbero sul peritoneo e sugli organi avvolti da questo. Le cellule dell’endometrio potrebbero raggiungere quindi altri organi attraverso il sistema linfatico o le vene pelviche.

La teoria metaplastica, secondo la quale le cellule del peritoneo andrebbero incontro, per cause sconosciute, a una trasformazione in cellule endometriali.

La teoria ormonale, secondo la quale durante la pubertà femminile, alcune cellule destinate a diventare altro, andrebbero incontro a una trasformazione in cellule endometriali.

Teoria della predisposizione genetica, secondo la quale si ha una sorta di condizione ereditaria. Tale teoria è sorretta dal fatto che un numero non trascurabile di donne portatrici di endometriosi hanno un parente prossimo affetto dalla medesima condizione.

 

Tra i fattori di rischio è presente la nulliparità (termine medico per indicare le donne che non hanno mai partorito), il menarca in età precoce, cicli mestruali brevi, consumo ingente di alcol, storie familiari di endometriosi.

 

Per quanto riguarda i sintomi, tra i più frequenti figurano senza dubbio un dolore pelvico ricorrente, dismenorrea (mestruazioni estremamente dolorose), dolore genitale e in zona pelvica durante i rapporti sessuali e ingente perdita di sangue durante le mestruazioni. C’è da dire, però, che spesso questa malattia si presenta silenziosamente, in modo asintomatico.

 

Tra le complicazioni c’è la formazione di cisti e/o aderenze, nel caso in cui riguarda le ovaie può aumentare il rischio di tumori e non meno importante la sterilità. Diversi studi infatti hanno dimostrato che l’incapacità di concepimento riguarda il 30-40% delle pazienti.

 

Ma come riconoscere l’endometriosi? In genere per una diagnosi completa sono fondamentali: la raccolta dei sintomi, la visita ginecologica, l’ecografia transvaginale, risonanza magnetica, TAC e talvolta la laparoscopia, una procedura chirurgica minimamente invasiva.

 

L’endometriosi si cura? Sì, ma non si guarisce da essa.

Il trattamento per curare l’endometriosi varia in funzione di fattori come la severità dei sintomi e la volontà o meno da parte della paziente di cercare in futuro una gravidanza.

I possibili approcci terapeutici sono due: conservativo, basato sull’uso di farmaci oppure chirurgico.

 

Questa malattia ha anche un certo impatto psicologico che genera per la paziente nuove condizioni di vita e di vissuto. Il sentimento predominante nell’impatto con la malattia è la paura che assume varie forme: paure che riguardano la patologia fisica, i trattamenti e i postumi, paure che riguardano glie effetti psicologici e paure personali. Altre reazioni molto comuni sono la rabbia e il senso di colpa.

 

È possibile individuare alcune fasi relative al processo psicologico che investe la paziente dalla comparsa dei sintomi, alla definizione della diagnosi e delle scelte diagnostiche.

Inizialmente, infatti, c’è una prima fase di riconoscimento dei sintomi fisici, che costringono la persona ad effettuare numerosi esami clinici. Questi momenti vengono vissuti con paura e timore.

 

La fase diagnostica può portare ad un certo sollievo poiché viene scoperta la causa dei sintomi, al contempo, però, vi è bisogno che venga assimilata per prendere coscienza della malattia.

La formulazione della diagnosi richiama paure e importanti vissuti emotivi. Una donna di può trovare davanti alla scelta di sconfiggere la malattia o di esaudire bisogni fondamentali come diventare mamma o sentirti pienamente donna.

                                                                                                                    Teresa Fasano 

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