Viaggio nella città che muore

Sospesa in una valle tra la verde vegetazione, si erge la “città che muore“: Civita di Bagnoregio. Si tratta di una piccola frazione di 11 abitanti in provincia di Viterbo. Ma da dove deriva l’appellativo che l’ha resa tanto famosa? Fu lo scrittore Bonaventura Tecchi a chiamarla così per la prima volta. Tale soprannome deriva dall’incessante attività di erosione che interessa le fragili fondamenta del paese: l’argilla e il tufo. Il perimetro della città si ridurrà sempre di più e, secondo le stime, potrebbe scomparire nei prossimi secoli. Sapere di visitare una città che è destinata a svanire contribuisce a creare un alone di mistero e incanto e ci spinge ad apprezzarne ancor di più la bellezza e il suo legame indissolubile con la natura.

 In bilico tra i calanchi e raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale costruito nel 1965, è completamente immersa nella natura, in una simbiosi che supera la dimensione temporale e la racchiude nell’attimo fuggevole. È quasi surreale pensare che un giorno sarà la natura stessa a decretarne la fine.

La città che muore non è apprezzata e conosciuta solo in Italia. Nel 1986 il regista e fumettista giapponese Miyazaki, infatti, prese ispirazione proprio da Civita di Bagnoregio per il suo film Laputa – Castello nel cielo.

                                                                                                                Nazarena Sighini

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